Carissimi,
il tempo passa velocemente ed eccoci già alle porte dell’estate,
tempo che favorisce il consolidamento dei rapporti interpersonali, ma
che nasconde anche il pericolo insidioso della dispersione per il fatto
che ciascuno è tentato di andare per la propria strada a scapito
dell’unità così sacra e importante come quella della
famiglia.
Da qui nasce il richiamo forte che faccio ai genitori, perché siano
custodi e costruttori instancabili dell'unità del nucleo famigliare,
che rimane sempre il riferimento principale della propria vita.
“Esigo” quindi, come responsabile della grande famiglia parrocchiale,
che i genitori siano vigilanti verso i loro figli, perché non siano
lasciati a se stessi.
Vigilare significa dare ai figli delle regole, sapere dove si trovano
di sera, dare degli orari da rispettare, informarsi degli amici, intervenire
quando si comportano male (es. l’imbrattare i muri dei privati,
dei luoghi pubblici, distruggere ciò che è della collettività,
far delle male alle persone, schiamazzare di notte…).
Genitori, svegliatevi! Non potete dormire mentre i vostri figli di notte
si comportano come piccoli delinquenti.
Le condanne della guerra e della violenza a che servono, se poi noi ce
ne freghiamo dei figli e di quello che fanno a danno degli altri?
E come cristiani come potremmo giustificare davanti a Dio il nostro comportamento?
Se questo linguaggio a qualcuno può risultare un po' duro, sappiate
che è dettato da una profonda preoccupazione e dal desiderio di
rendere tutti più consapevoli di fronte ai nostri figli e al loro
futuro.
Genitori, teniamo unite le nostre famiglie, amiamo i nostri figli nella
responsabilità e specialmente viviamo questa unità non dimenticando
un momento formidabile e fondante per la famiglia stessa: l'Eucaristia
domenicale, sacramento dell'unità in Gesù tra di noi.
Coraggio genitori! La Chiesa vi sostiene, ma non può sostituirvi!
don Pierangelo

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I
NUOVI BARBARI
Mi rivolgo a tutti voi per dirvi che non voglio vedere la città
in cui sono nato ridotta così.
Le vostre “opere d’arte”, dipinte con gli spray sui
muri della città, non sono affatto gradevoli alla vista.
Fin da piccolo, quando vedevo quelle scritte sui muri, chiedevo alla mamma
chi faceva quegli sgorbi e la mamma mi rispondeva che erano i “Barbari”.
Ore che a scuola ho studiato i Barbari, mi sono accorto che loro erano
analfabeti, non andavano a scuola come noi.
Se volete disegnare, in cartoleria ci sono le tavolette e i fogli.
E comunque i Barbari, anche se saccheggiavano e distruggevano, facevano
dei disegni stupendi.
Per esempio, se andate nel tempietto longobardo di Cividale del Friuli,
vedrete dipinti e reperti meravigliosi; voi vi sognate di fare disegni
come loro.
Io voglio solo dirvi di vergognarvi, perché non si rovinano beni
che appartengono a tutti!!
Un undicenne

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IL MESE DI MAGGIO NELL’ANNO DEL ROSARIO
I GAUDI DELLA BEATA VERGINE MARIA
Un commento duecentesco ai Misteri del Rosario
Le origini del Rosario si perdono
nel Medioevo. La grande diffusione di questa preghiera si deve in gran
parte all’ordine domenicano., tra il XIV e il XV secolo.
L’uso di recitare 150 volte l’Ave Maria è ritenuto
di origine monastica e i primi esempi risalgono forse al X secolo. Il
numero è uguale a quello dei Salmi e la corono divenne il “Breviario
dei semplici”, di coloro che non erano in grado di recitare il ben
più complesso ufficio delle ore. Si pensò ben presto di
suddividerlo in decine, intercalate con la meditazione degli episodi più
significativi della vita di Gesù e di Maria.
Tra il 1230 e il 1240, Stefano di Salley, un abate inglese, su richiesta
di un ignoto monaco, scrisse una serie di 15 meditazioni su altrettanti
episodi della vita di Maria e li chiamò Misteri Gaudiosi. Il suo
testo ci conferma che a quel tempo esisteva la pratica di meditare questi
misteri, anche se c'era disaccordo sul loro numero, che andava da cinque
a venti. Stefano li suddivise in cinquine, per evitare che l’accumulo
di troppa materia diventasse tedioso così che chi non voleva meditarli
tutti insieme potesse fare una pausa dopo ogni cinquina. I misteri furono
da lui definiti gaudiosi perché si meditavano episodi che erano
motivi di gioia sia per Maria che per l’umanità intera. Così
scrive Stefano di Salley:
La dolcezza e la gioia soave che provava la beata Vergine nella relazioni
col figlio suo superano di gran lunga ogni esperienza umana.
I primi cinque misteri gaudiosi saranno individuati nel periodo che va
dalla nascita della beata Vergine alla nascita del Salvatore; i secondi
dalla nascita del Salvatore alla passione della Croce; i terzi dal tempo
della passione all’assunzione al cielo della beata Vergine.
I misteri di quel tempo erano i seguenti:
I PRIMI CINQUE: la Natività di Maria, la Giovinezza di Lei, l’Annunciazione,
il Concepimento di Nostro Signore, la Visitazione alla cugina Elisabetta;
I SECONDI CINQUE: la Natività di Gesù, la Visita ai Magi,
la Presentazione del bambino Gesù al tempio, la Disputa con i dottori
nel tempio, la Rivelazione della divinità di Gesù alle nozze
di Cana;
GLI ULTIMI CINQUE: la Crocifissione e Morte di Gesù, la sua Risurrezione,
la sua Ascensione al cielo, la Discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste,
l’Assunzione di Maria al cielo.
Molta più importanza aveva quindi la vita di Maria che non la passione
e la morte di Gesù, che sono riassunte in un solo mistero.
Stefano di Salley formula una breve meditazione per ogni decina, alla
quale seguono poi il motivo della gioia e una preghiera con una specifica
richiesta alla Beata Vergine. Il tutto era concluso dall’Ave Maria,
la cui forma, differente da quella odierna, era la seguente
Ave, santa, gloriosa, sempiterna e pia Madre di Dio,
Semprevergine Maria, piena di grazia;
il Signore è con te;
benedetta sei tu fra le donne
e benedetto il Signore Gesù,
dolce frutto del tuo grembo benedetto. Amen.
I motivi di gioia che danno il nome ai misteri sono elencati con enfasi.
Per esempio, del primo si dice che Maria ha annunciato la liberazione
alle anime che stavano per sprofondare nell’inferno, la salvezza
agli uomini pellegrini sulla terra, la gloria agli angeli del cielo nella
ricostruzione della loro città eccelsa.
A Maria il poeta chiede di illuminare la sua misera condizione umana e
la sua coscienza tenebrosa con la luce dei desideri spirituali. Così,
fugate le tenebre delle vanità mondane egli potrà meritare
il gioioso splendore della verità eterna.
L’invocazione O clemente, o pia, o dolce vergine Maria conclude
la preghiera.

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Il sole era da poco tramontato
quella sera del primo giorno dopo la shabbath
quando noi, Tuoi discepoli,
ancora ci trovavamo chiusi in una casa
per paura dei Giudei che volevano catturarci.
La paura era grande
e credevamo di fare la Tua stessa fine.
Eravamo paurosi, deboli, confusi,
disorientati
e con gli occhi stanchi e arrossati,
perché le lacrime di ingratitudine e di viltà,
ma anche di pentimento,
continuavano a rigare il nostro volto,
terra assetata, ormai troppo provato
dal dolore e dal rimorso.
Pietà Gesù, abbi compassione
anche di noi!
Che cosa possiamo fare ora per Te?
Piangere e poi ancora piangere,
senza stancarci mai,
e invocare il tuo nome e il Tuo perdono,
quel perdono che hai predicato e che hai donato
a Zaccheo,
alla Samaritana,
a Maddalena,
al buon ladrone
e a tanti altri.
Poi, all’improvviso, nel cuore
della notte,
mentre ormai eravamo assopiti
e avvolti dalle tenebre,
con grande stupore ti vedemmo nel mezzo
trasfigurato di luce divina
e a noi mostrasti le Tue sante mani
con il segno dei chiodi
e il Tuo cuore lacerato,
dal quale uscivano sangue e acqua,
sorgente inesauribile di grazia e di benedizione,
capace di dissetare la nostra sete di Dio.
Shalom a voi!
Pace a voi!
Fu questo il saluto che rivolgesti
a noi
e improvvisamente il nostro cuore
esplose di gioia indicibile
e nuove lacrime bagnarono il volto:
erano lacrime di consolazione e di conforto
e di pace ritrovata.
E dopo il saluto
Tu, mandato dal Padre,
mandavi noi e a noi donavi un nuovo Maestro,
un nuovo Consolatore, lo Spirito d’Amore,
perché fossimo per gli uomini
strumento del Tuo Amore
e della Tua compassione.
Perdonandoci le nostre infedeltà
ci facevi uomini nuovi,
capaci di amare e di perdonare con Te e per Te.
Non ci stancheremo mai
di amare e di perdonare,
di perdonare e di amare,
fino a quando verrà
la sera della vita
e lo faremo sempre
nel Tuo Nome
per la Tua Gloria
per la Gloria del Padre Tuo e Padre nostro.
don Pierangelo

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ALLA
SCOPERTA DEL VOLONTARIATO
Servire il prossimo non è un ripiego o una scappatoia
ma una scelta precisa, matura ed esigente.
«Adesso che hai compiuto diciott'anni, che
cosa vuol dire, che dovrai fare il servizio militare?» chiede Guido
a Francesco, il fratello maggiore che ha nove anni più di lui.
«Che. Sei matto? Io in guerra non ci andrò mai», risponde
Francesco con grande sicurezza. «Nemmeno per difendere la patria?»,
insiste Guido, che a scuola ha studiato come si combattè per difendere
la Patria durante le guerre di Indipendenza. «Questo è un
altro sicorso: difendersi dai nemici, difendere la propria terra. Ma è
meglio non farne, guerra. Le guerre portano soltanto morte, distruzione
e dolore. Non possono fare bene a nessuno. Io ho già pensato che
quando mi chiameranno farò soltanto il servizio civile»,
continua Francesco. «Come Alessandro, quel giovanotto che sta nella
chiesa per illustrare le opere d'arte ai visitatori? Il papà mi
ha spiegato che quello è un lavoro volontario e che così
fa il servizio civile». «Esatto. Ci sono tanti ragazzi che
anzichè fare il servizio militare fanno le guide nei musei».
«Lo sai che è un volontario anche Michele, quel giovanotto
che assiste l'invalido del terzo piano? Me lo ha detto la mamma».
Per i due ragazzi le parole volontario e volontariato non sono una novità.
La mamma, che è insegnante, da alcuni anni, volontariamente, senza
alcun compenso, prepara agli esami dei giovani detenuti e, periodicamente,
fa assistenza psicologica in un istituto per ragazze madri. Il padre,
dal canto suo, pur avendo una professione molto impegnativa, è
donatore di sangue. I figli lo sanno e sono orgogliosi di quello che fanno
i genitori. Anche la loro sorella, che ha dodici anni, fa del volontariato.
Come? Lavoricchiando nelle ore libere per preparare semplici oggettini
da vendere per beneficenza o anche facendo piccoli servizi ad un'anziana
signora che ci vede poco.
Il bello, di tutto questo, è che viene fatto in grande segretezza
e con molta semplicità, sia dai genitori che dai figli. Siamo in
pochi a saperlo. E ci pare giusto, il volontariato non deve essere esibizionismo.
Deve essere un vero moto del cuore. E, come tutti i moti del cuore, spontaneo
e segreto.
Si dice che sia difficile distogliere i ragazzi dal proprio egoismo. Ma
non è vero. L’interessante è non alimentare questo
difetto. Anche se istintivamente i giovani, e tanto più i bambini,
sarebbero tendenzialmente egoisti, forse è anche un po’ colpa
dei genitori che li «coprono» di attenzioni, allegeriscono
le loro anche minime difficoltà. Oseremmo quasi dire che, nell'intento
di difenderli e di proteggerli, li rendono vulnerabili a qualsiasi difetto.
Specialmente a quello di pensare prima a se stessi che agli altri.
Però, quasi a smentire questa affermazione, vogliamo dire, e lo
abbiamo osservato in molte circostanze, che non tutti i giovani sono egoisti;
ci sono molti fra loro che, al contrario, sono tendenzialmente propensi
a dedicarsi agli altri.
Certamente questo avviene nelle famiglie in cui la generosità è
norma di vita, il prodigarsi agli altri fa parte di un codice irrinunciabile;
prima di tutto fra i membri della stessa famiglia, e poi, via via allargando
la cerchia verso i «prossimi» sempre meno prossimi. Qui diventa
più facile che i figli sentano la spinta verso il volontariato.
E' un sistema di vita e di pensiero, un codice, appunto, assimilato in
famiglia. Gli «altri» sono le persone a cui dare amicizia,
aiuto, solidarietà. Benedette quelle famiglie che sanno educare
così i loro figli.
«Se la gioventù sarà rettamente educata, vi sarà
ordine e moralità », ebbe a dire il grande educatore san
Giovanni Bosco, consapevole che da una buona educazione dei giovani dipende
il bene della società.
I genitori devono riflettere molto su questo. E' un «pane»
che si deve dare ai propri figli giorno dopo giorno.
Mariella Lombardo, Osservatore Romano
del 20/04/2003

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ISLAM
E CRISTIANESIMO

L’ISLAM E LA PACE
Attualmente nel mondo musulmano esistono tre correnti di pensiero nei
riguardi della guerra e della pace.
1) Il jihad è una guerra interiore per vincere le contraddizioni
dell’anima e, poiché ogni essere è sacro, tutte le
opere degli uomini andrebbero sacralizzate.
2) Il jihad è la risposta difensiva contro le aggressioni politiche,
economiche culturali e religiose. Gli errori e tutte le forme di corruzione
e trasgressione vanno combattute: la guerra difensiva è obbligatoria.
3) L'islam non è solo una lotta morale, ma anche militare: ogni
musulmano deve essere un guerriero. La guerra fa parte dell'essenza dell'Islam,
che deve liberare l'umanità e sottoporla alla legge coranica. Esistono
addirittura preghiere per chiedere a Dio di annientare i giudei, i loro
alleati e tutti gli infedeli.
L’ISLAM E I DIRITTI DELL’UOMO
I musulmani riconosceranno mai la Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo? Il mondo islamico diverge dal resto dell’umanità
sul fondamento dei diritti dell’uomo. I musulmani ritengono che
tutti i diritti fondamentali e le libertà universali fanno parte
integrante della religione islamica. Ma allora sono diritti universali
o solo dei musulmani? E come mai in alcuni stati i diritti della donna
e la libertà di culto non sono salvaguardati?
ISLAM E MODERNITA’
Il mondo musulmano ha nei riguardi di questa questione un atteggiamento
ambiguo: accetta la scienza e il progresso tecnico, purché non
vengano modificate le strutture sociali e familiari. Né si è
molto disposti ad accettare metodi moderni di lettura e di studio del
Corano. E se alcuni stati islamici si sono modernizzati nelle loro strutture,
con una separazione netta della religione dallo stato, altri si rifanno
alla Umma, la Comunità musulmana internazionale, quale organizzazione
politica unitaria, con alla sua testa un califfo, vicario dell'Inviato
di Allah. Di fatto ai musulmani la modernità appare troppo occidentale
e cristiana (!).
DOPO L’11 SETTEMBRE 2001
L’attentato alle torri gemelle e gli avvenimenti conseguenti sembrano
aver precipitato nell’integralismo il mondo islamico e nella xenofobia
(odio dei diversi) nei confronti dei musulmani il resto del pianeta. Giovanni
Paolo II ha invitato a non cedere alla tentazione dell’odio e della
violenza, ad impegnarsi al servizio della giustizia e della pace, chiedendo
a cristiani e musulmani di intensificare la preghiera all’unico
Dio, l’Onnipotente, il Creatore. Pessimismo e speranza sono i due
poli tra i quali è diviso chiunque si impegna nel dialogo. Le ragioni
della speranza risiedono negli sforzi di molti cristiani e musulmani nel
difendere la vita, la famiglia e praticare l’aiuto reciproco. Si
devono superare i pregiudizi dei cristiani verso l’Islam considerato
solo fondamentalista , mentre i musulmani devono andare oltre ciò
che il Corano dice del cristianesimo e apprezzare positivamente gli ideali
morali cristiani.
PARLA UN CONVERTITO
Chi parla è un algerino, immigrato in Italia e convertitosi dall’islam
al cristianesimo.
In Algeria la convivenza tra cristiani e islamici, a parte il terrorismo,
è possibile. Ma è inammissibile che un islamico si converta
al cristianesimo e si può andare incontro alla pena di morte. Ho
dovuto lasciare la mia casa dopo la conversione, anche perché la
Chiesa algerina aveva dei problemi per il mio battesimo, dato i difficili
rapporti con lo stato. Ho lasciato la mia patria, la mia famiglia, il
mio lavoro, una scelta assai dolorosa, ma necessaria. L’aspetto
più significativo del cristianesimo è che è Dio stesso,
un Dio che è amore, a farsi uomo come noi, pur essendo onnipotente,
a morire per salvarci e a risuscitare dai morti. Il mio cammino di conversione
è partito fin da bambino, quando alcune suore venivano a casa nostra
per regalarci qualcosa nei momenti difficili seguiti alla morte di mio
padre; poi mi ha affascinato la figura di Giovanni Paolo II, una figura
assente nel mondo islamico; e poi ho approfondito la mia conoscenza del
cristianesimo attraverso l’ascolto di una radio cattolica italiana.
La Chiesa algerina mi ha aiutato molto nel mio cammino di avvicinamento
al cristianesimo, la comunità cristiana mi ha accolto calorosamente,
il vescovo e i sacerdoti hanno fatto molto per me. Poi in Italia ho portato
a compimento il mio cammino verso il battesimo, di cui la mia famiglia
non sa nulla.

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Dal
Gruppo missionario
L'11 maggio la Chiesa ci ha proposto la Giornata delle vocazioni, per
ricordare che tutti siamo chiamati da Dio a percorrere una strada di risposta
a Lui, con la nostra vita.Siamo chiamati anche alla missionarietà,
mandati da Gesù ad annunciare il suo Vangelo fino agli estremi
confini del mondo. A sostegno dei missionari che in ogni angolo della
Terra annunciano Cristo e quindi la dignità dell'uomo e di ogni
uomo, nello stesso giorno si è svolta la marcia non competitiva
"Quatar pass par i alter", organizzata dagli Oratori e il cui
ricavato (che vi comunicheremo prossimamente) andrà ai missionari.
Diamo qui ora il resoconto delle somme raccolte e inviate ai missionari
in questa prima parte del 2003. Somma raccolta 4460 €: Avvento di
Carità 2060 €, dagli Oratori 1000 €, dal gruppo missionario
400 €, da altri 1000 €. Somma inviata 4460 €: all’infanzia
missionaria (Diocesi) 560 €, a Suor Alda (tramite Don Pierangelo)
2000 €, a Suor Annamaria (in Brasile) 1000 €, a Suor Agnese
(in Palestina) 900 €, a Suor Agnese (in Sudan) 400 €. Vi comunicheremo
prossimamente la destinazione della somma raccolta con l’iniziativa
“Quaresima di Fraternità” (1750 €). Ricordiamo
che il mezzo più potente a sostegno dei missionari è la
preghiera, perché Gesù ci ha detto:”Senza di me non
potete fare nulla”; per questo, in fondo alla chiesa, sul tabellone
missionario, trovate l’intenzione missionaria del mese, indicata
dalla Diocesi.
Un grazie a tutti coloro che, attraverso le iniziative della Comunità
o personalmente, aprono il loro cuore ai bisogni dei poveri, con l’aiuto
concreto ai missionari.
Gianni Colombo

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Il Gruppo Unitalsi, presente da molti decenni nella nostra Parrocchia,
ha come sua caratteristica l'attenzione ai bisogni degli ammalati, che
sono soprattutto anziani. Nel corso degli anni tali bisogni sono andati
cambiando, perché sono mutate le condizioni, la qualità
e la durata della vita. Oggi gli anziani e gli ammalati che non escono
più di casa, hanno vari bisogni. C'è il desiderio di contatti
con l'esterno, che il nostro gruppo cerca di mantenere con qualche visita,
nei limiti delle nostre possibilità; quello legato ai Sacramenti,
per i quali si rivolgono naturalmente al Parroco Don Pierangelo e a mons.
Cesare Catella; quello di partecipare all'Eucaristia, al quale veniamo
incontro in almeno due momenti dell'anno: in occasione della Pasqua, che
abbiamo celebrato il mercoledì santo e della Festa del paese, che
celebreremo il venerdì precedente, 12 settembre. Ci sono poi dei
bisogni materiali, legati alla necessità, in alcuni casi, di particolari
attrezzature come letti ortopedici, comode, carrozzine. Per questo il
nostro gruppo cerca di mantenere sempre ben fornito il proprio patrimonio
di attrezzature da mettere a disposizione di chi ne avesse bisogno, rinnovandole
e aumentandole grazie al contributo di persone e di qualche associazione
della Comunità, che ringraziamo di cuore, anche a nome di chi può
così usufruire delle attrezzature necessarie nel momento della
malattia.
Luciana Monti
Chi volesse entrare a far parte del Gruppo missionario
o del Gruppo Unitalsi, può farlo rivolgendosi ai rispettivi responsabili.
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